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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, II, 87
 
originale
 
87 Quis enim magistratus aut quis vir inlustrior utitur sortibus? Ceteris vero in locis sortes plane refrixerunt: quod Carneadem Clitomachus scribit dicere solitum, nusquam se fortunatiorem quam Praeneste vidisse Fortunam. Ergo hoc divinationis genus omittamus, (XLII) ad Chaldaeorum monstra veniamus; de quibus Eudoxus, Platonis auditori in astrologia iudicio doctissimorum hominum facile princeps, sic opinatur, id quod scriptum reliquit, Chaldaeis in praedictione et in notatione cuiusque vitae ex natali die minime esse credendum
 
traduzione
 
87 Quale magistrato, oggi, o quale uomo di un certo prestigio ricorre a quelle sorti? In tutti gli altri luoghi, poi, l'interesse per le sorti si ? raffreddato completamente. Ci? appare dal detto di Carneade, riferito da Clitomaco, che non aveva visto in nessun luogo una Fortuna pi? fortunata di quella di Preneste. Lasciamo perdere, dunque, questa forma di divinazione, (XLII) veniamo alle mostruose immaginazioni dei Caldei. Eudosso, seguace di Platone, superiore a tutti nell'astronomia per concorde giudizio dei pi? dotti, ritiene, e lo ha scritto, che non bisogna minimamente credere ai Caldei quanto alla predizione e alla determinazione della vita di ciascuno in base ai segni del giorno della nascita.
 

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